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Arie aus der Oper Norma Vincenzo Bellini, Renée Fleming ist eine US-amerikanische Sopranistin und zählt zu den weltweit führenden Opernsängerinnen.

 

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Giorgia & Eros Ramazzotti

Michele Bravi ist ein italienischer Popsänger, Songwriter und Schauspieler.

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Rocco Hunt, Elettra Lamborghini, Lola Indigo

Zucchero ist ein italienischer Sänger, Multiinstrumentalist und Songwriter. Seine Musik, die er auf Italienisch und Englisch vorträgt, ist von Gospel, Blues und Rockmusik inspiriert. Er gilt als „Vater des italienischen Blues“. Paul Young ist ein britischer Sänger und Songschreiber.

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Max Gazzè ist ein italienischer Popsänger, Songwriter, Bassist und Schauspieler.

 

Renato Rascel war ein italienischer Sänger und Schauspieler.

 

Plácido Domingo ist ein spanischer Opernsänger der Stimmlagen Tenor und Bariton, Dirigent und Intendant.

Francesco Gabbani ist ein italienischer Musiker. Er gewann 2017 das Sanremo-Festival und vertrat Italien beim Eurovision Song Contest 2017.

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Matia Bazar ist eine erfolgreiche italienische Pop-Gruppe aus Genua.

Quelle:Franco Franceschi 13 gennaio 2021

All’inizio del secondo millennio l’aumento della produzione agricola, lo sviluppo dell’artigianato e il decollo del commercio marittimo suscitarono un maggior bisogno di moneta e stimolarono la diffusione del credito. A trarne vantaggio furono innanzitutto i centri urbani italiani

Il banco, il panno verde ingombro di monete e sacchetti di denaro, uomini dalle mani adunche che utilizzano una bilancia o scrivono cifre su un libro inforcando gli occhiali: sono questi gli elementi consueti della rappresentazione dei professionisti del denaro nell’arte europea del tardo Medioevo. Una rappresentazione poco benevola, così come poco lusinghiera è spesso anche oggi la reputazione delle banche.

Gli usurai. Marinus van Reymerswaele (Scuola) rappresenta l’avidità attraverso il personaggio alla destra del dipinto (1540). Museo Stibbert, Firenze

Gli usurai. Marinus van Reymerswaele (Scuola) rappresenta l’avidità attraverso il personaggio alla destra del dipinto (1540). Museo Stibbert, Firenze

Foto: Scala, Firenze

E tuttavia la moneta e il credito rappresentano, e hanno rappresentato in passato, mezzi fondamentali per il funzionamento del sistema economico. L’attività creditizia, ovvero l’anticipazione di denaro a qualcuno che s’impegna a restituirlo secondo tempi e modi concordati, è in effetti una pratica assai antica, ma i suoi strumenti, le sue tecniche e il suo stesso gergo risalgono in gran parte ai secoli finali del Medioevo. L’identificazione fra operazioni di prestito e banca per noi è naturale, ma non è del tutto corretta, perché gli istituti bancari fanno anche altro: accettano in deposito somme di cui garantiscono la salvaguardia, utilizzano il risparmio raccolto per sostenere gli investimenti, assicurano il cambio delle monete e l’invio di valuta su lunghe distanze. In passato queste funzioni si svilupparono separatamente e solo gradualmente vennero a convergere in un unico tipo di impresa, anche a causa della varietà dei soggetti che si dedicavano al commercio del denaro.

A differenza di quanto avveniva nei più progrediti imperi bizantino e musulmano, dove l’economia era poco dinamica e la domanda e l’offerta di moneta erano basse, nell’Occidente alto-medievale a dominare la scena erano soprattutto i prestatori. Ovvero tutti coloro che potevano disporre di risorse adeguate: proprietari terrieri, mercanti, membri della Chiesa cattolica (tra i quali i monaci-guerrieri dell’ordine templare), ma anche operatori di religione ebraica, cui le persecuzioni consigliavano di mantenere la ricchezza in forma liquida. Effettuando prestiti diretti innanzitutto a sostenere i consumi (spesso su pegno), e chiedendo interessi molto elevati, questi uomini si guadagnarono facilmente la triste e infamante etichetta di usurai.

La miniatura della Scuola veneto-bolognese rappresenta la professione bancaria. Seminario patriarcale, Venezia. XV secolo

La miniatura della Scuola veneto-bolognese rappresenta la professione bancaria. Seminario patriarcale, Venezia. XV secolo

Foto: Bridgeman / Aci

Il boom economico

All’inizio del secondo millennio della nostra era il continente europeo sperimentò un movimento di crescita della popolazione e delle attività economiche sempre più deciso. L’aumento della produzione agricola, lo sviluppo dell’artigianato, il decollo del commercio marittimo (innanzitutto di quello mediterraneo), moltiplicarono gli scambi suscitando un maggiore bisogno di moneta e stimolando la diffusione del credito. A trarne vantaggio furono innanzitutto i centri urbani italiani. Inizialmente Venezia e i porti dell’Italia meridionale che, rispetto ad altre aree della Penisola, avevano mantenuto contatti più stretti con Bisanzio e il mondo islamico. Successivamente le repubbliche marinare (Genova e Pisa su tutte) e le città interne del centro-nord (Roma, Siena, Firenze, Piacenza, Asti). In queste realtà, che coniavano proprie monete e in cui operava un agguerrito ceto mercantile, le pratiche creditizie assunsero forme differenziate e complesse. Non c’è da stupirsi se uno specialista dell’argomento, lo storico Jean-François Bergier, ha affermato: «La banca fu italiana per nascita e tale rimase sino alla fine del XV secolo».

Anche se non cessò mai del tutto l’attività dei prestatori occasionali, in queste realtà il credito al consumo divenne sempre più appannaggio degli ebrei. Per quanto oggetto di riprovazione popolare, in realtà essi erano ricercati per la funzione che svolgevano e la loro attività era regolarizzata dalle autorità municipali attraverso specifici accordi, le cosiddette “condotte”.

La strada dei Lombardi. Vista di Cornhill e Lombard Street, nel cuore finanziario di  Londra. Illustrazione anonima del 1810 circa

La strada dei Lombardi. Vista di Cornhill e Lombard Street, nel cuore finanziario di Londra. Illustrazione anonima del 1810 circa

Foto: British Library / Scala, Firenze

Solo un foglio di carta e una penna

Tuttavia i banchi ebraici non rappresentavano certo il livello più elevato del commercio di denaro. Di ben altro spessore e raggio, per esempio, erano le attività di un gruppo assai caratteristico di uomini d’affari italiani, i “lombardi”, che a dispetto del nome con cui erano conosciuti provenivano soprattutto dalle città piemontesi (Asti, Chieri, Alba, Cuneo) e solo marginalmente dai centri della Lombardia e della Toscana.

A partire dal XII secolo questi mercanti-prestatori invasero l’Europa transalpina, dalla Provenza alle Fiandre, dalla Renania alla Borgogna, da Londra a Parigi, dove ancora oggi ne resta il ricordo rispettivamente nella “Lombard street” e nella “rue des Lombards”. Oltre al traffico delle merci più varie, comprese le sempre appetite spezie, praticavano le operazioni di cambio monetario e quelle creditizie. Erano organizzati in piccole società che pagavano ai governi locali una tassa annua di esercizio. Per i loro prestiti – concessi al massimo per pochi mesi – chiedevano normalmente un tasso di interesse di 2 denari per lira a settimana, un po’ più del 40 per cento annuo: un valore che appare oggi insostenibile, ma che allora era piuttosto comune.

I “lombardi” venivano ammirati per la loro superiorità economica e disprezzati per la loro spregiudicatezza

Capaci di rendersi indispensabili al funzionamento dell’economia delle regioni in cui si erano stanziati, i “lombardi” venivano al tempo stesso ammirati per la loro superiorità economica e disprezzati per la loro spregiudicatezza. Come si legge in una protesta fiamminga della fine del duecento, «i lombardi non portano nemmeno un ducato, ma solo un foglio di carta in una mano e una penna nell’altra, e così tosano bene gli abitanti e gli fanno pagare dazio persino sul loro denaro». Possiamo considerarli banchieri? Non proprio. Per quanto il prestito tendesse con il tempo a prevalere sulle attività commerciali, le loro aziende, le casane, si presentavano principalmente come banchi di pegno.

Non era così per un’altra categoria di uomini abituata a maneggiare il denaro: i cambiatori o cambiavalute (campsorescambiatores). Come mostrano alcuni documenti genovesi del tardo XII secolo, essi non si limitavano a cambiare le monete o fare prestiti approfittando della liquidità di cui disponevano, ma incrementavano la quantità di denaro a loro disposizione accettando depositi, per i quali offrivano un interesse o una partecipazione agli utili. Proprio la capacità di svolgere contemporaneamente funzioni diverse connota queste aziende come prime, timide incarnazioni della banca.

Punizione degli avari. Il bassorilievo dell’XI secolo si trova nella facciata della chiesa di Santa Maria a Fornovo di Taro, in provincia di Parma

Punizione degli avari. Il bassorilievo dell’XI secolo si trova nella facciata della chiesa di Santa Maria a Fornovo di Taro, in provincia di Parma

Foto: Bridgeman / Aci

Merchant-bankers del duecento

Il duecento, secolo del massimo slancio dell’economia europea, fu testimone di una crescita di scala dell’attività “bancaria” che ne determinò anche un mutamento qualitativo. Gli artefici di queste evoluzioni, tuttavia, non furono i cambiatori, ma i mercanti. In particolare coloro che più erano impegnati nei traffici sulle lunghe distanze e che frequentavano le grandi fiere internazionali, prime fra tutte quelle della Champagne. Questi raduni permanenti rappresentavano allora il tramite fondamentale degli scambi fra i prodotti dell’Europa continentale (in gran parte panni di lana fiamminghi) e i beni di provenienza mediterranea commerciati dagli italiani. Ma erano anche – e sempre più dalla metà del XIII secolo – vere e proprie clearing houses, aree di compensazione di debiti e crediti pendenti tra uomini d’affari di Paesi diversi. È qui che si costruirono le fortune dei mercanti di città come Roma, Siena, Lucca, Pistoia, Firenze, Bologna, Piacenza e Milano. Essi agivano preferibilmente tramite un nuovo tipo d’imprese, le compagnie, associazioni di durata pluriennale, rinnovabili, spesso formate da soci inizialmente legati da vincoli di parentela e poi aperte alla partecipazione di esterni. Il finanziamento di questi organismi avveniva tramite le quote di capitale immesse da ciascun socio (il corpo), cui poteva però aggiungersi il denaro che gli stessi membri, secondo una formula creditizia innovativa, prestavano alla compagnia ricevendone un interesse (il sovraccorpo) o anche i depositi, sempre remunerati, effettuati da altri e documentati da apposite ricevute.

Si trattava di aziende polivalenti, interessate certamente alle operazioni creditizie e finanziarie, ma pronte a investire non appena si presentassero opportunità di guadagno, anche nel settore commerciale e in quello manifatturiero, nelle assicurazioni e nella produzione agricola.

In sostanza la banca cresceva all’interno di una struttura ampia e non specializzata, creata da mercanti-imprenditori che erano anche mercanti-banchieri. E questo pure nei casi eclatanti dei piacentini Scotti o dei senesi Bonsignori, che avevano interessi in tutta Europa e clienti del calibro della Santa Sede (il più appetibile di tutti per il suo vastissimo apparato finanziario) e che potrebbero essere in qualche misura accostati ai merchant-bankers dei nostri tempi.

Copia della mappa conosciuta come Carta della Catena: mostra la città di Firenze come si presentava intorno al 1470

Copia della mappa conosciuta come Carta della Catena: mostra la città di Firenze come si presentava intorno al 1470

Foto: Scala, Firenze

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Le “super-compagnie” fiorentine

I decenni a cavallo fra XIII e XIV secolo furono l’età d’oro delle compagnie mercantili-bancarie fiorentine. Capaci di affiancare e poi di sostituire i senesi nelle grazie dei papi e forti dell’alleanza con la dinastia angioina che si era insediata nel Mezzogiorno d’Italia, fornivano a entrambe le corti i beni di lusso di cui erano appassionate consumatrici. Ovvero i prestiti che richiedevano con grande frequenza, oltre ai servizi essenziali come l’esazione dei tributi (per esempio la decima dovuta dagli enti ecclesiastici alla Chiesa di Roma). A favore dei mercanti fiorentini giocò anche la congiuntura economica. I fallimenti di rivali quali i Bonsignori di Siena e i Ricciardi di Lucca, infatti, gli aprirono ulteriori spazi di attività, soprattutto in Inghilterra. Qui i Frescobaldi si legarono sempre più strettamente ai sovrani, ai quali anticipavano grosse somme di denaro in cambio di privilegi, come l’appalto delle miniere del Devon, la riscossione dei diritti regi in Irlanda o l’esazione delle rendite di gran parte dei possedimenti inglesi in Francia. Dal 1300 essi ottennero addirittura la direzione dell’Exchange, l’ufficio centrale del cambio, incarico che li mise nelle condizioni di controllare l’intera politica monetaria del Regno.

I mercanti di città come Roma, Siena, Lucca o Pistoia costruirono le loro fortune nelle fiere internazionali

Intanto le società fiorentine divenivano sempre più grandi. Quelle dei Bardi, dei Peruzzi e degli Acciaiuoli erano vere e proprie super-companies in grado, grazie a una disponibilità di capitali ingentissima, di aprire filiali nei luoghi più strategici dell’attività economica. Avvalendosi di un piccolo esercito di dipendenti (dai garzoni e gli apprendisti fino ai fattori e ai direttori delle succursali), e grazie a un continuo flusso d’informazioni scambiate per lettera tra le diverse sedi, riuscivano a fare commercio di tutto ciò che poteva essere scambiato. Nel 1318, in uno dei periodi più prosperi della sua storia, la compagnia dei Bardi chiuse il proprio bilancio annuale con un giro d’affari di 873.638 fiorini, un valore pari a 3.089 chilogrammi d’oro. L’epoca dei grandi affari non durò per sempre. Fin dalla fine del duecento la storia delle compagnie mercantili-bancarie fu punteggiata di crisi e fallimenti e la tendenza negativa si acuì nei decenni successivi.

Jacob Fugger nel suo ufficio con il contabile Mattäus Schwarz. Autore anonimo. 1517. Herzog-Anton-Ulrich Museum, Braunschweig, Germania

Jacob Fugger nel suo ufficio con il contabile Mattäus Schwarz. Autore anonimo. 1517. Herzog-Anton-Ulrich Museum, Braunschweig, Germania

Foto: Ullstein Bild / Getty Images

Crisi e trasformazione

Le guerre, le carestie e le epidemie, particolarmente forti in vaste aree del continente europeo soprattutto fra la metà del trecento e la metà del quattrocento, ridussero la popolazione e i consumi e provocarono una contrazione dei traffici che impose una ristrutturazione dell’intero settore. Molte imprese limitarono le loro dimensioni e trasformarono la precedente struttura unitaria in un “sistema di aziende”, in modo da limitare il contagio determinato da eventuali crisi settoriali. D’altra parte le difficoltà sorte nel commercio dei beni spinsero i mercanti-imprenditori a privilegiare sempre più le operazioni creditizie, o addirittura a creare aziende che nascevano con l’obiettivo principale, sebbene non esclusivo, di dedicarsi al commercio del denaro. Ciò implicò un significativo affinamento delle tecniche e una diversificazione delle pratiche. Le compagnie maggiori, per esempio, cominciarono a utilizzare una parte dei propri capitali per finanziare la nascita di altre imprese, o per sostenere i loro bisogni di liquidità attraverso il cosiddetto “credito di esercizio”. Concessero inoltre ai loro clienti la possibilità di aprire conti correnti.

A differenza di quanto avviene oggi, questi depositi non avevano costi né generavano interessi, ma i correntisti avevano la possibilità di ottenere credito anche in mancanza di fondi sul conto (scoperto di conto corrente), di trasferire denaro ad altri (giroconto) e di utilizzare ordini di pagamento (assegni bancari) che i beneficiari potevano a loro volta girare a terze persone (girata). Nel corso dei secoli XIII e XIV gli uomini d’affari italiani avevano messo a punto strumenti in grado di rinnovare profondamente il mercato del credito. Avevano inoltre creato un nuovo tipo di azienda, i cui profitti dipendevano sempre più dalla differenza fra i tassi d’interesse accordati ai depositanti e quelli pagati dai beneficianti di un prestito. Malgrado la comparsa di grandi mercanti-banchieri come i veneziani Corner e Soranzo, i milanesi Borromei, i fiorentini Medici o i genovesi Centurione, il secolo successivo sarebbe stato più che altro un’epoca di diffusione dei progressi tecnici e organizzativi già conseguiti. Almeno per la storia della banca il Medioevo è stato senz’altro più creativo del Rinascimento.

Lettera di cambio. Bruges-Barcellona. 2 settembre 1398. Prato, Archivio di Stato. Datini, busta 1145/1

Lettera di cambio. Bruges-Barcellona. 2 settembre 1398. Prato, Archivio di Stato. Datini, busta 1145/1

Foto: Archivio di Stato di Prato

Quelle:https://www.storicang.it/

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Fedez, Tananai, Mara Sattei

 

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