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Quelle:Franco Franceschi 13 gennaio 2021

All’inizio del secondo millennio l’aumento della produzione agricola, lo sviluppo dell’artigianato e il decollo del commercio marittimo suscitarono un maggior bisogno di moneta e stimolarono la diffusione del credito. A trarne vantaggio furono innanzitutto i centri urbani italiani

Il banco, il panno verde ingombro di monete e sacchetti di denaro, uomini dalle mani adunche che utilizzano una bilancia o scrivono cifre su un libro inforcando gli occhiali: sono questi gli elementi consueti della rappresentazione dei professionisti del denaro nell’arte europea del tardo Medioevo. Una rappresentazione poco benevola, così come poco lusinghiera è spesso anche oggi la reputazione delle banche.

Gli usurai. Marinus van Reymerswaele (Scuola) rappresenta l’avidità attraverso il personaggio alla destra del dipinto (1540). Museo Stibbert, Firenze

Gli usurai. Marinus van Reymerswaele (Scuola) rappresenta l’avidità attraverso il personaggio alla destra del dipinto (1540). Museo Stibbert, Firenze

Foto: Scala, Firenze

E tuttavia la moneta e il credito rappresentano, e hanno rappresentato in passato, mezzi fondamentali per il funzionamento del sistema economico. L’attività creditizia, ovvero l’anticipazione di denaro a qualcuno che s’impegna a restituirlo secondo tempi e modi concordati, è in effetti una pratica assai antica, ma i suoi strumenti, le sue tecniche e il suo stesso gergo risalgono in gran parte ai secoli finali del Medioevo. L’identificazione fra operazioni di prestito e banca per noi è naturale, ma non è del tutto corretta, perché gli istituti bancari fanno anche altro: accettano in deposito somme di cui garantiscono la salvaguardia, utilizzano il risparmio raccolto per sostenere gli investimenti, assicurano il cambio delle monete e l’invio di valuta su lunghe distanze. In passato queste funzioni si svilupparono separatamente e solo gradualmente vennero a convergere in un unico tipo di impresa, anche a causa della varietà dei soggetti che si dedicavano al commercio del denaro.

A differenza di quanto avveniva nei più progrediti imperi bizantino e musulmano, dove l’economia era poco dinamica e la domanda e l’offerta di moneta erano basse, nell’Occidente alto-medievale a dominare la scena erano soprattutto i prestatori. Ovvero tutti coloro che potevano disporre di risorse adeguate: proprietari terrieri, mercanti, membri della Chiesa cattolica (tra i quali i monaci-guerrieri dell’ordine templare), ma anche operatori di religione ebraica, cui le persecuzioni consigliavano di mantenere la ricchezza in forma liquida. Effettuando prestiti diretti innanzitutto a sostenere i consumi (spesso su pegno), e chiedendo interessi molto elevati, questi uomini si guadagnarono facilmente la triste e infamante etichetta di usurai.

La miniatura della Scuola veneto-bolognese rappresenta la professione bancaria. Seminario patriarcale, Venezia. XV secolo

La miniatura della Scuola veneto-bolognese rappresenta la professione bancaria. Seminario patriarcale, Venezia. XV secolo

Foto: Bridgeman / Aci

Il boom economico

All’inizio del secondo millennio della nostra era il continente europeo sperimentò un movimento di crescita della popolazione e delle attività economiche sempre più deciso. L’aumento della produzione agricola, lo sviluppo dell’artigianato, il decollo del commercio marittimo (innanzitutto di quello mediterraneo), moltiplicarono gli scambi suscitando un maggiore bisogno di moneta e stimolando la diffusione del credito. A trarne vantaggio furono innanzitutto i centri urbani italiani. Inizialmente Venezia e i porti dell’Italia meridionale che, rispetto ad altre aree della Penisola, avevano mantenuto contatti più stretti con Bisanzio e il mondo islamico. Successivamente le repubbliche marinare (Genova e Pisa su tutte) e le città interne del centro-nord (Roma, Siena, Firenze, Piacenza, Asti). In queste realtà, che coniavano proprie monete e in cui operava un agguerrito ceto mercantile, le pratiche creditizie assunsero forme differenziate e complesse. Non c’è da stupirsi se uno specialista dell’argomento, lo storico Jean-François Bergier, ha affermato: «La banca fu italiana per nascita e tale rimase sino alla fine del XV secolo».

Anche se non cessò mai del tutto l’attività dei prestatori occasionali, in queste realtà il credito al consumo divenne sempre più appannaggio degli ebrei. Per quanto oggetto di riprovazione popolare, in realtà essi erano ricercati per la funzione che svolgevano e la loro attività era regolarizzata dalle autorità municipali attraverso specifici accordi, le cosiddette “condotte”.

La strada dei Lombardi. Vista di Cornhill e Lombard Street, nel cuore finanziario di  Londra. Illustrazione anonima del 1810 circa

La strada dei Lombardi. Vista di Cornhill e Lombard Street, nel cuore finanziario di Londra. Illustrazione anonima del 1810 circa

Foto: British Library / Scala, Firenze

Solo un foglio di carta e una penna

Tuttavia i banchi ebraici non rappresentavano certo il livello più elevato del commercio di denaro. Di ben altro spessore e raggio, per esempio, erano le attività di un gruppo assai caratteristico di uomini d’affari italiani, i “lombardi”, che a dispetto del nome con cui erano conosciuti provenivano soprattutto dalle città piemontesi (Asti, Chieri, Alba, Cuneo) e solo marginalmente dai centri della Lombardia e della Toscana.

A partire dal XII secolo questi mercanti-prestatori invasero l’Europa transalpina, dalla Provenza alle Fiandre, dalla Renania alla Borgogna, da Londra a Parigi, dove ancora oggi ne resta il ricordo rispettivamente nella “Lombard street” e nella “rue des Lombards”. Oltre al traffico delle merci più varie, comprese le sempre appetite spezie, praticavano le operazioni di cambio monetario e quelle creditizie. Erano organizzati in piccole società che pagavano ai governi locali una tassa annua di esercizio. Per i loro prestiti – concessi al massimo per pochi mesi – chiedevano normalmente un tasso di interesse di 2 denari per lira a settimana, un po’ più del 40 per cento annuo: un valore che appare oggi insostenibile, ma che allora era piuttosto comune.

I “lombardi” venivano ammirati per la loro superiorità economica e disprezzati per la loro spregiudicatezza

Capaci di rendersi indispensabili al funzionamento dell’economia delle regioni in cui si erano stanziati, i “lombardi” venivano al tempo stesso ammirati per la loro superiorità economica e disprezzati per la loro spregiudicatezza. Come si legge in una protesta fiamminga della fine del duecento, «i lombardi non portano nemmeno un ducato, ma solo un foglio di carta in una mano e una penna nell’altra, e così tosano bene gli abitanti e gli fanno pagare dazio persino sul loro denaro». Possiamo considerarli banchieri? Non proprio. Per quanto il prestito tendesse con il tempo a prevalere sulle attività commerciali, le loro aziende, le casane, si presentavano principalmente come banchi di pegno.

Non era così per un’altra categoria di uomini abituata a maneggiare il denaro: i cambiatori o cambiavalute (campsorescambiatores). Come mostrano alcuni documenti genovesi del tardo XII secolo, essi non si limitavano a cambiare le monete o fare prestiti approfittando della liquidità di cui disponevano, ma incrementavano la quantità di denaro a loro disposizione accettando depositi, per i quali offrivano un interesse o una partecipazione agli utili. Proprio la capacità di svolgere contemporaneamente funzioni diverse connota queste aziende come prime, timide incarnazioni della banca.

Punizione degli avari. Il bassorilievo dell’XI secolo si trova nella facciata della chiesa di Santa Maria a Fornovo di Taro, in provincia di Parma

Punizione degli avari. Il bassorilievo dell’XI secolo si trova nella facciata della chiesa di Santa Maria a Fornovo di Taro, in provincia di Parma

Foto: Bridgeman / Aci

Merchant-bankers del duecento

Il duecento, secolo del massimo slancio dell’economia europea, fu testimone di una crescita di scala dell’attività “bancaria” che ne determinò anche un mutamento qualitativo. Gli artefici di queste evoluzioni, tuttavia, non furono i cambiatori, ma i mercanti. In particolare coloro che più erano impegnati nei traffici sulle lunghe distanze e che frequentavano le grandi fiere internazionali, prime fra tutte quelle della Champagne. Questi raduni permanenti rappresentavano allora il tramite fondamentale degli scambi fra i prodotti dell’Europa continentale (in gran parte panni di lana fiamminghi) e i beni di provenienza mediterranea commerciati dagli italiani. Ma erano anche – e sempre più dalla metà del XIII secolo – vere e proprie clearing houses, aree di compensazione di debiti e crediti pendenti tra uomini d’affari di Paesi diversi. È qui che si costruirono le fortune dei mercanti di città come Roma, Siena, Lucca, Pistoia, Firenze, Bologna, Piacenza e Milano. Essi agivano preferibilmente tramite un nuovo tipo d’imprese, le compagnie, associazioni di durata pluriennale, rinnovabili, spesso formate da soci inizialmente legati da vincoli di parentela e poi aperte alla partecipazione di esterni. Il finanziamento di questi organismi avveniva tramite le quote di capitale immesse da ciascun socio (il corpo), cui poteva però aggiungersi il denaro che gli stessi membri, secondo una formula creditizia innovativa, prestavano alla compagnia ricevendone un interesse (il sovraccorpo) o anche i depositi, sempre remunerati, effettuati da altri e documentati da apposite ricevute.

Si trattava di aziende polivalenti, interessate certamente alle operazioni creditizie e finanziarie, ma pronte a investire non appena si presentassero opportunità di guadagno, anche nel settore commerciale e in quello manifatturiero, nelle assicurazioni e nella produzione agricola.

In sostanza la banca cresceva all’interno di una struttura ampia e non specializzata, creata da mercanti-imprenditori che erano anche mercanti-banchieri. E questo pure nei casi eclatanti dei piacentini Scotti o dei senesi Bonsignori, che avevano interessi in tutta Europa e clienti del calibro della Santa Sede (il più appetibile di tutti per il suo vastissimo apparato finanziario) e che potrebbero essere in qualche misura accostati ai merchant-bankers dei nostri tempi.

Copia della mappa conosciuta come Carta della Catena: mostra la città di Firenze come si presentava intorno al 1470

Copia della mappa conosciuta come Carta della Catena: mostra la città di Firenze come si presentava intorno al 1470

Foto: Scala, Firenze

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Le “super-compagnie” fiorentine

I decenni a cavallo fra XIII e XIV secolo furono l’età d’oro delle compagnie mercantili-bancarie fiorentine. Capaci di affiancare e poi di sostituire i senesi nelle grazie dei papi e forti dell’alleanza con la dinastia angioina che si era insediata nel Mezzogiorno d’Italia, fornivano a entrambe le corti i beni di lusso di cui erano appassionate consumatrici. Ovvero i prestiti che richiedevano con grande frequenza, oltre ai servizi essenziali come l’esazione dei tributi (per esempio la decima dovuta dagli enti ecclesiastici alla Chiesa di Roma). A favore dei mercanti fiorentini giocò anche la congiuntura economica. I fallimenti di rivali quali i Bonsignori di Siena e i Ricciardi di Lucca, infatti, gli aprirono ulteriori spazi di attività, soprattutto in Inghilterra. Qui i Frescobaldi si legarono sempre più strettamente ai sovrani, ai quali anticipavano grosse somme di denaro in cambio di privilegi, come l’appalto delle miniere del Devon, la riscossione dei diritti regi in Irlanda o l’esazione delle rendite di gran parte dei possedimenti inglesi in Francia. Dal 1300 essi ottennero addirittura la direzione dell’Exchange, l’ufficio centrale del cambio, incarico che li mise nelle condizioni di controllare l’intera politica monetaria del Regno.

I mercanti di città come Roma, Siena, Lucca o Pistoia costruirono le loro fortune nelle fiere internazionali

Intanto le società fiorentine divenivano sempre più grandi. Quelle dei Bardi, dei Peruzzi e degli Acciaiuoli erano vere e proprie super-companies in grado, grazie a una disponibilità di capitali ingentissima, di aprire filiali nei luoghi più strategici dell’attività economica. Avvalendosi di un piccolo esercito di dipendenti (dai garzoni e gli apprendisti fino ai fattori e ai direttori delle succursali), e grazie a un continuo flusso d’informazioni scambiate per lettera tra le diverse sedi, riuscivano a fare commercio di tutto ciò che poteva essere scambiato. Nel 1318, in uno dei periodi più prosperi della sua storia, la compagnia dei Bardi chiuse il proprio bilancio annuale con un giro d’affari di 873.638 fiorini, un valore pari a 3.089 chilogrammi d’oro. L’epoca dei grandi affari non durò per sempre. Fin dalla fine del duecento la storia delle compagnie mercantili-bancarie fu punteggiata di crisi e fallimenti e la tendenza negativa si acuì nei decenni successivi.

Jacob Fugger nel suo ufficio con il contabile Mattäus Schwarz. Autore anonimo. 1517. Herzog-Anton-Ulrich Museum, Braunschweig, Germania

Jacob Fugger nel suo ufficio con il contabile Mattäus Schwarz. Autore anonimo. 1517. Herzog-Anton-Ulrich Museum, Braunschweig, Germania

Foto: Ullstein Bild / Getty Images

Crisi e trasformazione

Le guerre, le carestie e le epidemie, particolarmente forti in vaste aree del continente europeo soprattutto fra la metà del trecento e la metà del quattrocento, ridussero la popolazione e i consumi e provocarono una contrazione dei traffici che impose una ristrutturazione dell’intero settore. Molte imprese limitarono le loro dimensioni e trasformarono la precedente struttura unitaria in un “sistema di aziende”, in modo da limitare il contagio determinato da eventuali crisi settoriali. D’altra parte le difficoltà sorte nel commercio dei beni spinsero i mercanti-imprenditori a privilegiare sempre più le operazioni creditizie, o addirittura a creare aziende che nascevano con l’obiettivo principale, sebbene non esclusivo, di dedicarsi al commercio del denaro. Ciò implicò un significativo affinamento delle tecniche e una diversificazione delle pratiche. Le compagnie maggiori, per esempio, cominciarono a utilizzare una parte dei propri capitali per finanziare la nascita di altre imprese, o per sostenere i loro bisogni di liquidità attraverso il cosiddetto “credito di esercizio”. Concessero inoltre ai loro clienti la possibilità di aprire conti correnti.

A differenza di quanto avviene oggi, questi depositi non avevano costi né generavano interessi, ma i correntisti avevano la possibilità di ottenere credito anche in mancanza di fondi sul conto (scoperto di conto corrente), di trasferire denaro ad altri (giroconto) e di utilizzare ordini di pagamento (assegni bancari) che i beneficiari potevano a loro volta girare a terze persone (girata). Nel corso dei secoli XIII e XIV gli uomini d’affari italiani avevano messo a punto strumenti in grado di rinnovare profondamente il mercato del credito. Avevano inoltre creato un nuovo tipo di azienda, i cui profitti dipendevano sempre più dalla differenza fra i tassi d’interesse accordati ai depositanti e quelli pagati dai beneficianti di un prestito. Malgrado la comparsa di grandi mercanti-banchieri come i veneziani Corner e Soranzo, i milanesi Borromei, i fiorentini Medici o i genovesi Centurione, il secolo successivo sarebbe stato più che altro un’epoca di diffusione dei progressi tecnici e organizzativi già conseguiti. Almeno per la storia della banca il Medioevo è stato senz’altro più creativo del Rinascimento.

Lettera di cambio. Bruges-Barcellona. 2 settembre 1398. Prato, Archivio di Stato. Datini, busta 1145/1

Lettera di cambio. Bruges-Barcellona. 2 settembre 1398. Prato, Archivio di Stato. Datini, busta 1145/1

Foto: Archivio di Stato di Prato

Quelle:https://www.storicang.it/

Mahmood ist ein italienischer Sänger und Songwriter. Er gewann das Sanremo-Festival 2019 und gemeinsam mit Blanco 2022. Blanco ist ein italienischer Sänger. Er gewann gemeinsam mit Mahmood das Sanremo-Festival 2022.

Giorgia & Eros Ramazzotti

Gianni Morandi ist ein italienischer Sänger und Schauspieler. Enrico Ruggeri ist ein italienischer Sänger, Songwriter, Schriftsteller und Fernsehmoderator. Umberto Tozzi ist ein italienischer Pop-Rock-Musiker.

 

Sergio Endrigo war ein italienischer Sänger und Liedermacher.

 

Jonas Kaufmann ist ein deutsch-österreichischer Opernsänger (Tenor).

 

Lucio Battisti war ein italienischer Cantautore (Liederdichter), Komponist und Multiinstrumentalist.

 

Max Gazzè ist ein italienischer Popsänger, Songwriter, Bassist und Schauspieler.

 

ACF Fiorentina Offizielle Hymne

Måneskin ist eine italienische Rockband aus Rom, die 2017 durch ihre Teilnahme an der Castingshow X Factor bekannt wurde. Sie siegte mit dem Lied Zitti e buoni beim Sanremo-Festival 2021 und Eurovision Song Contest 2021.

Michele Bravi ist ein italienischer Popsänger, Songwriter und Schauspieler.

Corrado Mantoni, einfach Corrado genannt, war ein italienischer Fernsehmoderator, Fernsehautor und Radiomoderator.

 

Fred De Palma ist ein italienischer Rapper. Ana Mena ist eine spanische Popsängerin und Schauspielerin.

Vasco Rossi ist ein italienischer Sänger, Liedermacher und Radiomoderator.

 

Come il Cinquecento è stato il secolo della Riforma luterana, il Seicento è stato il secolo della Controriforma cattolica. Alla profonda crisi di valori e al grande disorientamento morale, il Seicento contrappone le nuove certezze spirituali di una chiesa che finisce, di fatto, per irrigidirsi sui propri principi fondamentali arroccandosi in convinzioni rigide e restrittive, cercando di diffondere una cultura sempre più permeante.
 

In questi anni di diffusione di massa delle idee controriformiste delle chiesa, è l'arte che diventa il principale strumento per comunicare, assumendo così un ruolo importantissimo all'interno della catechesi. Architetti, pittori e scultori diventano, grazie alle loro opere, l'indispensabile tramite mediante il quale arrivare a toccare con efficacia l'animo dei fedeli.

E' proprio con l'arte sacra che la chiesa del Seicento si prepone l'ambizioso obiettivo di persuadere eretici e dubbiosi, riconducendoli alla dottrina cattolica. Ma, affinché ciò avvenga occorre che quest'arte non solo sia imponente e spettacolare, ma abbia la capacità di penetrare nelle coscienze, essendo capace di sedurre e commuovere.

I quadri di raffigurazione sacra, avevano anche la funzione di comunicare ai fedeli di tutte le estrazioni sociali dei messaggi religiosi e di coscienza; soprattutto ai fedeli meno abbienti che normalmente erano analfabeti.
E' bene ricordare che anche le messe non erano di facile comprensione, in quanto erano dette esclusivamente in latino.

L'obiettivo di comunicazione, passa innanzitutto dalla necessità di trovare un punto di accesso nella realtà delle persone, è per questo che diventa necessario il superamento di protagonisti “trasfigurati”, portando in luce realmente l'elemento umano dei protagonisti.

 Dipinto spagnolo di Santa Caterina, 1718 - Antico dipinto italiano olio su tela, soggetto di arte sacra
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Dipinto spagnolo raffigurante "Cristo incoronato di spine" del XVIII secolo
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L'arte sacra nel seicento


L'arte sacra del Seicento è, quindi, l'arte dei sentimenti e delle passioni della gente comune, rappresentati come protagonisti nei quadri a tema religioso, dove il pittore cercava di coniugare l'idealismo (fatto di armonia, proporzione, decoro, misura, ecc.) con il realismo (fatto soprattutto di ispirazione e studio della realtà).

Le figure di Cristo, della Madonna, degli apostoli, avevano come modello persone comuni, come quelle che si incontravano allora per le strade: giovani inquieti, belle popolane, vecchi rugosi, poveracci cenciosi. Ma ciò che miracolosamente faceva di quella gente qualsiasi dei protagonisti eccezionali era la luce, l'improvviso bagliore che li evocava da un buio sfondo indeterminato e, come la grazia divina, li chiamava alla ribalta da un oscuro passato senza significato.

 

La rivoluzione popolare nella pittura sacra


Per capire in maniera approfondita in cosa veramente consista questa rivoluzione “popolare” della pittura basta mettere a confronto due approcci di due pittori che hanno caratterizzato il 500 e il 600 italiano: Raffaello e Caravaggio.

Un pittore rinascimentale come Raffaello quando doveva dipingere una Madonna usava probabilmente una modella, ma l'immagine che ne derivava non era il ritratto della donna in carne e ossa che lui aveva davanti, altrimenti la finzione non sarebbe passata: il quadro doveva raffigurare un'immagine femminile idealizzata (quale noi attribuiamo, per convenzione culturale ma anche per aspettativa psicologica, alla Madonna) e non una figura di una donna reale appartenente ad un tempo ed un luogo relativi.

Questo procedimento di passare dal reale all'ideale lo possiamo chiamare di «trasfigurazione». In questo modo la realtà veniva aggiustata a quelle che sono le «regole dell'arte»: decoro, compostezza, ordine, armonia, eccetera. 

Dipinto italiano religioso raffigurante "Profilo di Gesù" della fine del XIX secolo
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PIU' FOTO QUI - Antico dipinto religioso italiano del XVIII secolo, olio su tela

 

L'impatto di Caravaggio nella pittura religiosa


Caravaggio, al contrario, abolì dalla sua pittura qualsiasi «trasfigurazione»: la realtà rappresentata nei suoi quadri appariva nuda e cruda come l'immagine reale che si presentava agli occhi del pittore. I modelli e le modelle erano rappresentati con tale verismo da sembrare quasi foto reali. L'effetto, per il pubblico del tempo, fu quasi sconvolgente: non erano abituati a veder rappresentata la realtà senza filtro.

E' proprio guardando due importanti opere dell'inizio 600 di Caravaggio come “morte della Madonna”, del 1606 e “San Matteo e l'Angelo” che ci accorgiamo di vedere una donna lontana da modelli idealizzati e irreali cui si era abituati; accanto a Lei, gli apostoli, e la Maddalena, disperata e impotente come lo può essere ogni donna, costretta a subire una perdita. Un San Matteo dai piedi segnati, e le mani gonfie nelle vene. La natura del Santo, è umana. Umane sono le sue caratteristiche, e il suo sguardo, nel vedere l'angelo, è forse anche un po' stupefatto, se non atterrito.

Entrambi le figure sono segnate da un senso di intensa spiritualità, che sempre caratterizzerà i quadri di artisti di paesi cattolici come l'Italia, la Spagna e la Francia di questo periodo, soprattutto nelle scene di estasi, di martirio o nelle apparizioni miracolose, L'intensità, l'immediatezza, l'individualismo e la cura per il dettaglio, osservati nella resa della trama dell'abito e della fisionomia dei personaggi, ne fanno uno degli stili più coinvolgenti dell'arte occidentale.

E' importante ricordare infatti che l'influenza caravaggesca non caratterizzò solo i pittori italiani del 600, ma si diffuse in tutto Europa sia direttamente, tramite i soggiorni di artisti stranieri nel nostro paese, sia indirettamente, attraverso le opere di caravaggisti italiani emigrati all'estero.

 

Quadri antichi di pittura sacra italiana

La scelta naturalistica diventa quindi un elemento comune in tutta l'Europa già a partire dai primi anni del Seicento. Il dare importanza alla realtà così com'è e il giocare abilmente con il colore sugli effetti luce-ombra, connotano gli esordi dei più grandi artisti della prima generazione seicentesca in Spagna, fra cui vanno ricordati i Sivigliani: Diego Velàzquez e Francisco de Zurbaràn.

 

Quadri antichi di pittura sacra spagnola


Già nelle primissime opere di Diego Velàzquez si respira un forte linguaggio realistico di stampo caravaggesco, caratterizzate da un approfondimento sulla volumetria e sul chiaroscuro, influenzata certamente dalla scultura sivigliana del periodo.

Per tutto il 600 l'improvviso atteggiamento di intolleranza che la Chiesa assunse, condizionò l'arte in maniera molto profonda, anche perché non dobbiamo dimenticare che all'epoca gli artisti erano ancora al servizio delle classi dominanti (Chiesa e aristocrazia) e non si sognavano minimamente di svolgere un ruolo da intellettuali controcorrente.

Gli artisti si adeguarono prontamente a questo nuovo clima: non più immagini che potevano inneggiare alla gioia e alla felicità, ma immagini che suscitavano necessità di pentimento e di sacrificio. Il martirio dei santi divenne uno dei temi più ricorrenti fino a tutto il Seicento, quasi a testimoniare una nuova visione della religione basata soprattutto sul dolore e sulla mortificazione.

In un certo senso, in questa atmosfera buia, anche i colori si scurirono: sono sempre più gli artisti che, sulla scia di Caravaggio, affondano le loro immagini in una cornice di oscurità avvolgente.

Questo clima controriformistico di fatto perdurò per tutto il XVII secolo, cominciando a diradarsi agli inizi del Settecento per scomparire definitivamente nel corso del secolo, soprattutto con l'avvento dell'Illuminismo. 

Personaggio religioso del XVIII secolo - Battesimo di San Giovanni
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Quadri antichi di pittura sacra francese
 

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Conclusioni


Se da un punto di vista il 600 è stato condizionato da tribunali dell'inquisizione e dalle ricerche di eretici, è anche vero che la rivoluzione ha portato un punto di svolta nell'arte sacra dei secoli a venire, permettendo oggi di ereditare dal passato e assaporare oggi molti esempi di dipinti antichi religiosi con differenti stili.

Fonti:

La cucina italiana è l'espressione dell'arte culinaria sviluppatasi in Italia, comprendente tradizioni fortemente radicate e comuni a tutto il paese, nonché l'insieme di tutte le gastronomie regionali, in uno scambio continuo: molti piatti italiani che una volta erano conosciuti solo nelle regioni di provenienza col tempo si sono diffusi in tutto il paese.

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La cucina italiana è l'espressione dell'arte culinaria sviluppatasi in Italia, comprendente tradizioni fortemente radicate e comuni a tutto il paese, nonché l'insieme di tutte le gastronomie regionali, in uno scambio continuo: molti piatti italiani che una volta erano conosciuti solo nelle regioni di provenienza col tempo si sono diffusi in tutto il paese[1].

È conosciuta come classico esempio di dieta mediterranea, riconosciuta come patrimonio immateriale dell'umanità dall'UNESCO nel 2010. Inoltre, si tratta di una delle gastronomie più note e apprezzate a livello globale[2]; l'Italia è anche rinomata per la produzione di olio d'oliva, formaggi, salumi, vini, frutta e dolci, che figurano tra gli oltre 5.300 prodotti delle tradizioni regionali.

La cucina italiana è all'origine di un giro di affari di più di 200 miliardi di euro a livello mondiale[3].

Una delle caratteristiche principali della cucina italiana è la sua semplicità[4], con molti piatti composti da pochi ingredienti: i cuochi italiani fanno affidamento sulla qualità degli ingredienti, piuttosto che sulla complessità di preparazione.

I piatti e le ricette più diffuse, nel corso dei secoli, sono stati spesso creati dalle nonne più che dagli chef, ed è per questo che molte ricette italiane sono adatte alla cucina casalinga e quotidiana, rispettando le specificità territoriali, privilegiando esclusivamente materie prime e ingredienti propri della regione di origine del piatto e preservandone la stagionalità[5].

Lucio Battisti war ein italienischer Cantautore (Liederdichter), Komponist und Multiinstrumentalist.

Emis Killa ist ein italienischer Rapper.

Der Cant del Barça ist die offizielle Hymne des FC Barcelona.

 

Le Vibrazioni ist eine italienische Rockband, die 1999 in Mailand gegründet wurde.

 

Modà ist eine italienische Pop-Rock-Band aus Mailand.

 

Coez ist ein italienischer Sänger und Rapper.

Neapolitanische Volksmusik, Luciano Pavarotti war ein italienischer Opernsänger (Tenor). Er gilt über die Grenzen der Oper und Klassik hinaus als einer der bedeutendsten Tenöre aller Zeiten.

 

Totò war ein italienischer Schauspieler, Drehbuchautor und Liedtexter. Als Komödiant wurde Totò über die Grenzen Italiens bekannt.

 

One
 
Catalog
7 months ago
One ist ein Song der irischen Rockband U2. Es ist der dritte Track aus dem Album Achtung Baby und wurde im Februar 1992 als dritte Single des Albums veröffentlicht.